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GENNAIO |
Capodanno
- Anche ai bambini che andavano a fare gli auguri si offrivano bicchierini
di liquore, tanto che spesso andavano a messa ubriachi. Era un'offesa
non fare visita in quel giorno. Guai ad incontrare per primo un prete.
Le donne non potevano andare nelle case, perchè portava male.
La ragazza sdraiata sul letto, prima di alzarsi, gettava una ciabatta:
se questa si girava con la punta verso la porta entro l'anno si sarebbe
sposata. |
Epifania,
6 Gennaio - Ragazzi e fanciulle andavano per le case
gridando: <<Bufon, bufon, se n'me de gnente, butto giu' al porton!>>.
Per i piu' piccoli si raccontava che la befana distribuisse i doni
attraverso i camini delle case. |
Conversione
di San Paolo, 25 Gennaio - Le ragazze riempivano una
boccetta con acqua di sette fontane; in questo modo avrebbero incontrato
presto il futuro sposo. |
FEBBRAIO |
Carnevale
- Si andava con le "pive" (due "lastre", cioè
due pezzi di zucca accostati e accoppiati per bene) e si suonavano
insieme ai corni, alle stagne (bidoni), alle nicchie (conchiglie)
e con tutti questi strumenti si faceva un rumore del diavolo. |
MARZO |
Quaresima
- Si faceva la "Quarantina": un pezzo di filo di lana
con 40 "groppi" e due nappine alle estremità. Ogni
giorno si dicevano alcune orazioni e si faceva un nodo. Così
fino alla fine della Quaresima, quando si consegnava la corda tutta
annodata alla persona per la quale si era pregato. Questo si poteva
fare anche incidendo tacche su di un ramo di bussolo, o infilzandone
le bacche . |
Metà
Quaresima - Si usava "segare i vecchi" : i
ragazzi con bidoni e bussolotti andavano alle case dei vecchi recitando
una strofetta che terminava così: <<...segherei la vecchia
Tal Dei Tali; se non ci darete da bere torneremo per tre sere>>
e giu' un'altra "scampanata". |
Pasqua
- Gli uomini giocavano a "cocetto" con le
uova. Si facevano i "corolli", ciambelle con il buco, farcite,
ricoperte con uovo sbattuto e confettini (si impastavano con latte
di pecora). Le bambine, all'inncontro di un coetaneo, dicevano: <<Fiore
verde!>>, mostrando un rametto di bussolo. Se il coetaneo era
provvisto dello stesso, lo mostrava ed erano pari, al contrario invece
la risposta era :<<30 secco!>>, ed era in debito di un
uovo sodo. Raramente il debito veniva saldato. |
APRILE |
Rogazioni
- Dal 25 Aprile, San Marco,
fino alla domenica della Santissima Trinità (la prima dopo
Pentecoste) c'erano le Rogazioni, con la benedizione delle campagne.
Erano processioni lunghe, interminabili, in luoghi impervi: si preparava
un altarino nei campi e su di esso, ogni proprietario, metteva la
sua offerta. Un gruppo di donne al seguito del prete nell'itinerario
cantava le litanie dei Santi. Nei paesi dei luoghi piu' impervi, che
non disponevano dei campi, la benedizione si estendeva agli animali
delle stalle. |
MAGGIO |
1°
Maggio - A mezzanotte del 31 Aprile era usanza fare
la corsa a chi arrivava prima da Granaglione a Calvigi, perchè
il fortunato e devoto podista avrebbe ricevuto la grazia dalla Madonna.
In tutto l'Alto Reno è antichissima tradizione comune festeggiare
l'inizio della primavera. Questo coincide con la festa celtica di
Beltaine, la divinità della fertilità e della rinascita
della natura, in cui si salutava l'inizio della metà luminosa
dell'anno. |
Le domeniche
del mese di Maggio le fanciulle granaglionesi andavano
(di notte verso le ore 2 - 3) in pellegrinaggio a Calvigi pregando
e cantando, nell'intento sottinteso di poter trovare marito o altre
grazie. Negli altri paesi, le ragazze andavano a "cantare"
il Rosario nella chiesa del paese. |
Il Maggio
lirico e drammatico - La tradizione antichissima di
celebrare il ritorno della primavera con canti e feste distingue due
tipi di "Maggio": il lirico e il drammatico. Il Maggio lirico
è a sua volta di due tipi: Sacro, detto anche Delle Anime Purganti,
e profano. Il profano contiene diversi elementi: le lodi della primavera,
il rifiorire di tutta la natura e l'esaltazione della donna amata.
Il maggio sacro dipinge a colori foschi le aspre pene del Purgatorio
e chiede il suffragio dei defunti. In nessuno dei due manca mai la
particolarità della questua o domanda della mancia. Il Maggio
drammatico infine era una vera rappresentazione teatrale in canto,
dallo spirito schiettamente popolare. Gli argomenti trattati erano
sacri oppure profani e cavallereschi. I testi e le semplici melodie
su cui si cantavano le quartine venivano tramandate di padre in figlio.
La notte del 30 Aprile in tutti i paesi della zona era gran festa.
Gruppu di giovanotti passavano di borgata in borgata "cantando
Maggio", con in testa alla brigata un albero di pungitopo e altri
addobbi. Davanti ad ogni uscio si fermavano e cominciavano a cantare,
finchè all'interno la lampada non si accendeva. La padrona
di casa scendeva per offrire ai cantori prosciutto, formaggio, uova
e un bicchiere di vino, ricevendo in cambio un limone. La notte passava
così tra canti e vino: la mattina erano tutti brilli. Dai testi
del Maggio, soprattutto quelli delle zone piu' remote come Casa Moschini,
si comprende bene lo spirito della tradizione: un gioioso canto alla
primavera che ritorna dopo l'inverno che, i montagna, era sinonimo
di isolamento e fame. Sussurrati nelle veglie invernali, gli amori
si manifestavano ora apertamente: il Maggio è anche occasione
per dichiarazioni e serenate alla ragazza del cuore. |
GIUGNO |
23 giugno
- La notte della vigilia di San Giovanni si prendeva un catino d'acqua
con sparsi petali di fiori e si lasciava fuori tutta la notte, perchè
fosse benedetta dalla "guazza" di San Giovanni. Al mattino
ci si lavava con quell'acqua. La stessa notte i giovanotti portavano
davanti alla porta delle varie ragazze dei doni, oppure dei segni
dispregiativi o scherzosi. |
AGOSTO |
5 agosto
- Pellegrinaggio a Calvigi |
15 agosto
- Tradizionale e secolare festa a Calvigi con partecipazione di tutta
la Valle del Randaragna. Affollatissima la breve processione pomeridiana
con l'immagine della Madonna sul piazzale del santuario. Fino all'immediato
dopoguerra i pellegrini bivaccavano nel piazzale da mattina a sera
dopo il lungo viaggio a piedi, con partenza a notte fonda per essere
al Santuario per la prima Messa del giorno. Ad accogliere i pellegrini
c'era il romito, umile e solitario custode del Santuario per tutto
il resto delll'anno. Ricordiamo i nomi degli ultimi due in ordine
di tempo: Giuseppe Vivarelli di Bovecchia e Antonio Macciantelli della
Valle. Dopo la messa delle 11 i castagneti brulicavano di gruppi familiari.
Si aprivano finalmente le ampie sporte di vimini, i canestri e si
consumava allegramente l'abbondante pasto: uova sode, polli arrosto,
formaggio e grosse pagnotte condite con vin toscano. |
16 agosto
- A Granaglione nell'oratorio di San Rocco, nella piana dell' "Esina"
sovrastante la chiesa parrocchiale, si celebrava la festa di questo
Santo. Era una sagra campestre con funzione religiosa al mattino a
ricordo di una scampata pestilenza e una serie di giochi all'aperto
nel pomeriggio: tiro alla fune, albero della cuccagna, pentolaccia
e altri giochi popolari che costituivano quasi la fiera del paese.
In auge fino al 1950, sopravvisse al crollo dell'oratorio per tornare
il 16 agosto 1963 al Monte di Granaglione, con messa ai piedi della
croce e gioghi al campo sportivo.
28 agosto, Sant'Agostino - Per il patrono
della chiesa dei boschi, si svolgevano le funzioni religiose al mattino,
al pomeriggio i vespri, e successivamente i giochi, dove, soprattutto
nel "palo della cuccagna", spadroneggiavano gli storici
campioni di Casa Calistri. Si ricorda però una memorabile vittoria
di Sergio della Calnècchia, in una epica competizione sul mangiare
pasta rovente molto piccante senza le mani. |
OTTOBRE |
Tutte le mattine c'era
la Messa alle cinque, compresa la domenica, per andare poi a cogliere
le castagne. Tutti vi si recavano con il "grembiale" da
lavoro con l'ampia tasca. |
DICEMBRE |
La
Notte di Natale - Si diceva
che se i familiari di un ammalato grave gli avessero portato dodici
parti di dodici pietanze diverse prese da dodici case, sarebbe guarito.
Da sempre giovanotti e ragazze aspettavano con trepidazione la sera
della Vigilia di Natale per il grande appuntamento con il "loro"
albero di Natale. La preparazione è laboriosa e remota: circa
un mese prima comincia il taglio dei ginepri nei boschi. Ogni giorno
ne vengono ammassati di nuovi: bisogna far presto, perchè c'è
il rischio che la prima neve interrompa il lavoro di raccolta. Viene
innalzato un agile e alto castagno e l'antivigilia si comincia a riempirlo
di fascine alla base e di ginepri tutto intorno. Così verde
sembra un albero vero: un grande abete a forma di piramide. All'ora
stabilita, prima o dopo cena, quando i paesani si sono raccolti e
l'attesa si fa piu' carica di emozione, si appicca il fuoco. Mentre
la notte si illumina, la gente sembra risvegliarsi dal torpore invernale
che la teneva rannicchiata, comincia amuoversi, a vociare piu' forte
per incitare i "fochisti". Tutti venivano avvolti dal calore
in una pioggia di cenere e scintille. Si puo' immaginare come doveva
essere piu' suggestivo lo spettacolo quando non esisteva pubblica
illuminazione e la notte si accendeva di decine di falo'. Ed ogni
borgata, ogni casolare aveva il proprio. Era una gara di durata e
di intensità, specialmente tra gli opposti versanti del Reno
e del Randaragna. Da ultime tornavano a casa le massaie portando nel
loro camino una palettata di quelle braci "benedette". Per
aspettare l'ora della Messa, i bambini giocavano in casa appendendo
una mela al soffitto con uno spago e tentando di morderla senza toccarla
con le mani; i grandi andavano da amici e parenti a prendere il "ponce"
(caffè, rhum e limone). |
Natale - A Natale il giovanotto
regalava alla ragazza una bottiglia di liquore e il ceppo (un dolce duro,
croccante, rotondo, con il buco e una rosa di carta in mezzo). La ragazza
ricambiava il giorno della Befana con tre ciambelle sovrapposte a piramide,
riempite nel foro centrale di pinoli, noci e noccioline e c'era il detto:
<<All'usanza maremmana chi n'inceppa n'imbefana>>. |
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