IL DIALETTO "BOSCAIòLO"

 

La donna del Nibbio

Quant iser pcina egnèra tanta abondanza e i fiòi a^dovévne contentarse ed pòco. Se un fiòlo a dijéva ca iavèva famme, sà madre gli déva 'n néccio (adèsso un néccio as^magna anche vlontéra, ma alòra tut i dì l'èra d quélla); qualca vòlta aiéra al companàdgo (pòco, vè: un popò d' cajo, na ftìna d'pancétta), ma al piu' del vòlte egnèra gnénte. Se alòra al fiòlo a dijéva "Al néccio con ché al magn'mì?", sà madre egji dijeva "Con el mane"; se lu a dijéva "A biuscio an me garba", sà madre el dijeva:"Aspètta un popoino ch'vén su la donìna d' Nibbio con un pandrìno che iè drénto tute el delìzzie". E al fiòlo asptava, la famme el crescéva, e la donìna 'l n'arivava mai. Stuffo d'asptare, al ragazzo a dijéva: "o mà, qla dunìna el n'ariva mai, mì sto néccio i m'al magno a biuscio!"
In tal dventare piu' grandi s'capiva po' che la "doněna d'Nibbio" l'era la famme.

 

Parlare del linguaggio delle genti di queste montagne non è certo cosa semplice. E non sarebbe nemmeno corretto, in quanto spaziando per i territori dell'Alta Valle del Reno si incontrano una moltitudine di varianti del dialetto locale. Nelle zone piu' remote ci si accorge di significative differenze addirittura tra paesi le cui distanze sarebbero irrisorie in realtà di pianura, ma che i monti sanno rendere importanti. Nei territori piu' settentrionali si sentono maggiormente le somiglianze con le parlate emiliane, mentre nelle zone meridionali della Valle sono evidenti le influenze toscane, in particolare quella pistoiese. In generale possiamo dire che i vari dialetti, fino ad arrivare alla piu' stretta parlata boscaiola, derivano da un sovrapporsi di radici linguistiche che si sono evolute, differenziandosi, nel fermentare dei piccoli nuclei abitativi, che distribuiti su queste montagne convivevano in un frammentato isolamento. Il risultato è una curiosa mescolanza dei linguaggi delle popolazioni (in prevalenza emiliana e toscana) che si sono succedute nel corso della storia in questi territori.

 

GLOSSARIO DEI TERMINI MONTANARI

AINDèN cosi' è nominato l'Ontano comune (Alnus glutinosa) nella parte settentrionale del territorio comunale (loc. Mulino di Granaglione), in cui piu' si risentono gli influssi emiliani del dialetto: è detto anidàn nella zona di Ponte Della Venturina-Borgo Capanne, ed Ontano al Vizzero.
ALPE genericamente montagna, a volte identifica una zona in particolare, sopraelevata rispetto alle altre.
ALTéDA termine locale per "salita".
BàGGRI cosi son detti i frutti del mirtillo (vaccinium mirtillus).
BOLàDA gruppo di funghi. Generalmente ci si riferisce ai ciopadèlli.
BòNZO pozza formata da un corso d'acqua abbastanza ampia e profonda da permettere alle persone di fare il bagno e nuotare.
CALàDA sella su un crinale, zona di valico.
CALARèSE varietà di castagno che produce frutti pregiati in quanto dolci come i maroni, utilizzabili sia per produrre la farina che per l'uso fresco. Sono adatti in particolare per le sciarbolate (castagne prive della buccia e poi lessate), perche le castagne di tipo "calarese" si sbucciano con facilità.
CALASTRO terreno argilloso non omogeneo, inglobante arenaria o calcare.
CAMPETTO appezzamento di terreno coltivato in una zona di accentuata pendenza, terrazzato mediante muri a secco (ciari). Concimati con letame portato a spalla (utilizzando le gorghe) nei campetti venivano coltivati patate e cereali.
CANìCCIO seccatoio per castagne. E' un edificio a due piani: nel piano inferiore veniva tenuto acceso un fuoco che bruciava lentamente per oltre un mese, facendo seccare le castagne poste al piano superiore sopra un graticcio.
CARRARèSE varietà di castagno a produzione abbondante; ha frutti di colore rossiccio. Essi sono molto saporiti ed ottimi per le frugiate. Danno un'eccellente farina, che però è poco serbevole.
CASéTTA costruzione con pietrame a secco, con un solo vano, ed il tetto ricoperto a lastre. Utilizzate nel periodo estivo come ovile, con il vantaggio di avere a portata di mano una continua produzione di letame per i campi. Potevano venire utilizzati anche come temporaneo rifugio o deposito per gli attrezzi.
CASONE edificio diviso in due vani da un tramezzo di tavolato: quello inferiore ha funzione di ovile, di fienile quello superiore. Solitamente identificati con il nome del costruttore, questi caratteristici edifici sono sparsi ovunque nei boschi della nostra vallata.
CèPPA varietà di castagno che vegeta e produce frutti anche a quote elevate, dove altre varietà non sono produttive. I frutti piuttosto piccoli sono presenti anche in numero di 6-7 per ogni cardo.
CIOPADèLLO è il porcino, ricercato fungo commestibile.
CORBA (italiano: cesta) misura convenzionale di capacità per castagne. Per evitare problemi di pesatura le castagne venivano misurate con il bigongio, un recipiente di misura codificata. 6 bigongi corrispondevano ad una corba. Il sistema permetteva anche di calcolare con facilità la quantità di castagne secche che si otteneva da una certa quantità di castagne fresche. Infatti da ogni corba di castagne raccolte si ottenevano due bigongi di castagne secche: le castagne secche pesano la terza parte delle castagne fresche da cui provengono.
FORNACE opificio in cui, utilizzando materiali presenti nel territorio, come il sasso colombino e l'argilla, si producevano calce e laterizi, fra cui un particolare tipo di tegole dette "ciabatte". Il calore necessario al processo si otteneva dalla combustione di legna e di carbone.
FòRRA valle particolarmente stretta ed infossata.
FRUGIATE "bruciate". Castagne arrostite sulla piastra della stufa o su un tegame col fondo forato.
 GòRGA  grande cesta cilindrica in rami di salice, tradizionalmente usata per trasportare a spalla fieno, erba, foglie o letame.
 GRòTTO  zona dirupata, scoscesa, di difficile accesso o percorribilità.
 IARA terreno alluvionale pianeggiante sul letto del fiume. 
 LANO nome locale del Sorbo Montano (Sorbus Aria). Il nome potrebbe trarre l'origine dalla peluria argentea, simile ad una lanosità, presente nella parte inferiore delle foglie. 
 MàCCHIA  bosco misto di latifoglie utilizzato per la produzione di legna da ardere o carbone vegetale. Sinonimo di bosco ceduo.
 MACERèTO  ammasso di macerie specialmente dovuto a frane.
 MàIIO nome locale del Maggiociondolo, un alberello caratteristico per le infiorescenze a forma di grappoli dorati. 
 MARZòLO specie di grano a maturazione precoce, d'altura, che seminato nel mese di marzo viene raccolto il mese di giugno. 
 MèO  adolescente che durante l'inverno aiutava i taglialegna e i carbonai nel duro lavoro nella macchia: procurava l'acqua, faceva la polenta e tagliava i mozzi (piccoli pezzi di legno che servivano a rabboccare la carbonaia).
 PALANCHE  tronchetti di castagno tagliati a metà e lavorati con l'accetta. Venivano inchiodati in posizione verticale ad assi poste orizzontalmente, in modo da ottenere una rustica recinzione, utilizzata per proteggere i campi e gli orti dagli animali.
 PASTINèSE  varietà di castagno adatta a zone elevate e fredde. I suoi frutti sono di colore marrone scuro, piccoli, con apice conico peloso. Adatti ad essere lessati, sono inoltre indicati per la produzione di farina, che è dolce e facilmente conservabile.
 PATERLèNGHE  sono i frutti (e l'arbusto) della Rosa Selvatica (Rosa Canina).
 PENNATO in forma dialettale pnàdo, è un attrezzo con lama ricurva, usato per potare ed in generale per tagliare piccoli rami o arbusti. 
 PIàGGIA  fascia di terreno solatìo, con esposizione a mezzogiorno.
 PIANTATA  coltivazioni erbacee, intercalate da filari di alberi maritati con la vite.
 PIAZZA DA CARBONE  spiazzo a forma subcircolare, pianeggiante, che veniva ricavato nei boschi. Qui veniva preparata la carbonaia.
PòZZO LAVATòIO vasca in sasso e cemento, utilizzata per lavare i panni. Spesso nei paesi la pubblica fontana ed il lavatoio costituivano un unico complesso. 
 PRòDA  superficie di terreno a margine di campi o castagneti in cui venivano gettate pietre, materiale di sterro o derivato dalla pulitura di campi e boschi.
 PROVàNE  lavori che precedevano l'impianto di un nuovo vigneto. Consistevano nello scavo di lunghe fosse, profonde fino ad un metro, che venivano poi riempite di foglie secche, ramaglia, terriccio, letame; tali materiali formavano un terreno ricco di sostanza organica adatto alla crescita delle piccole piante di vite.
 PULLA rivestimento dei semi dei cereali o di altre piante, che si stacca con la trebbiatura.  
 RàGGIA  rovo.
 RASICCE  in italiano "arsicce". Procedimento seguito tradizionalmente nei campi; un cumulo formato da stoppie e sterpaglie ottenute dalla ripulitura di un campo fatta prima della vangatura veniva parzialmente ricoperto con zolle erbose e poi fatto bruciare. La combustione era lenta e durava diversi giorni. In questo modo si otteneva un buon terriccio, usato come concime ed emendante del terreno. La produzione in loco del concime evitava il faticoso trasporto a spalla dello stesso da località spesso lontane e per sentieri impervi.
 ROGAZIòNI  processioni penitenziali e propiziatorie per il buon esito delle semine e dei raccolti. Il parroco ed i fedeli percorrevano le campagne e sostavano preso le verginine. Al parroco venivano offerti alcuni prodotti del lavoro nei campi e dell'allevamento. Si svolgevano dalla domenica al mercoledì precedenti il giorno dell'ascensione.
 RòGGIOLE  arbusti di Ginestra dei carbonai (Cytisus Scoparius ) o Ginestra odorosa (Spartium junceum).
 ROMCIàIO zona di difficile accesso per la presenza di arbusti, per lo pu' spinosi, quali ragge, stròzghi e peterlènghe. 
 RòNCO  in origine significava "terreno derivato da disboscamento e dissodato per essere messo a coltura". Oggi questo pimitivo significato è perduto: ora viene interpretato come "terreno accidentato, molto scosceso".
 RòSTA  piccolo solco che veniva scavato nei castagneti per impedire alle castagne di ruzzolare a valle e facilitando così la loro raccolta.
 ROVINA  indica un terreno franoso e instabile, per lo piu' scosceso.
 SALGòNE è il Salicone (Salix caprea).
 SASSO COLOMBINO  roccia calcarea, di colore biancastro. Presente nel Complesso argillitico, era utilizzato nelle fornaci come materia prima per la produzione di calce; localmente è noto anche come scaglia.
 SèRRA  zona di crinale.
 STRòZGHI  sono i frutti di un arbusto spinoso, generalmente noto come Prugnòlo (Prunus spinosa). Il nome del frutto viene usato, come in altri casi, anche per indicare l'intera pianta.
 TàNCA  muro a secco largo 60-80 cm, costruito con i sassi raccolti durante il dissodamento dei campi. Tali muri venivano eretti come confinia terreni di proprietari diversi. Usato solo nel Vizzero, ha la sua origine nel catalano "tàncar", "chiudere".
 UTILISTI (CONSORZIO)  istituzioni costituite alla fine dell'Ottocento dopo l'eliminazine delle terre comuni." L'utilista", cioè colui che risiede nel territorio di un antico comune o parrocchia da un certo numero di anni, gode del diritto di tagliare una quantità di legname stabilita ogni anno, per solo uso famigliare, nei boschi appartenenti al consorzio.
 VAGO  luogo ombroso, volto a tramontana. A seconda delle zone sono utilizzati anche a bacìo, a bajìo, a vaghìa, a vaghìo, a basii.
 VASòRA  utensile trapezoidale concavo, di solito ottenuto da un unico pezzo di legno,generalmnte di faggio, che serviva a separare la pula dal grano, ma soprattutto le castagne secche dalla zanza. Scrive Guccini (dizionario del dialetto di Pàvana):<< Si usava (di solito le donne) afferrandola con le mani ai lati esterni ed appoggiandola sul ventre con al base minore. Con un secco movimento si lanciava in aria il contenuto permettendo all'aria di far volar via la pula, mentre i semi o le castagne ricadevano dentro>>.
 VENCIGLI  (italiano: vinciglio, vinco) Fascine con fogli e rametti teneri di Cerro, Carpino ed Ornèllo che , fatti seccare, costituivano l'alimento per conigli, pecore e capre durante l'inverno. Sono detti anche vencìi.
 VERGININA  piccolo manufatto in muratura con immagine sacra, generalmente della Madonna (Vergine). Puo' essere a forma di nicchia, di edicola, di pilastrino o di piccola cappella. Sono usate anche le voci equivalenti "madonnina" o "maestà".
 VèTICA  è il Vètrice o Salice da vimini, comune nei luoghi acquitrinosi. I suoi rami, localmente detti stropèlli, si intrecciavano per fare panieri.
 VIZZADRO  è la Vitalba (Clematis vitalba), una sorta di liana nostrana comune nei boschi, detti anche vizzàdoli o, in terra Toscana, abbracciaboschi. <<In primavera i germogli dei vizzadri venivano raccolti, bolliti, poi usati per le frittate. I ragazzi usavano fumare per gioco , pezzi della pianta adulta tagliati in modo da sembrare un sigaro; non era un sostituto del tabacco o altro ma la pianta, molto porosa, permetteva di tirare come un sigaro vero>>(F. Guccini, Dizionario del dialetto di Pàvana).
 ZANZA  (italiano = sansa). Buccia interna delle castagne. Essiccata, veniva anche usata nel canìccio per coprire il fuoco, affinche non si alzassero le fiamme.

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