ALLA RISCOPERTA DI UN'ANTICA ARTE CULINARIA

 

 

"Arbaltoni”

Li chiamano anche "rivoltoni" in quanto, durante la preparazione, i pezzi di pasta tagliata vengono appunto rivoltati, racchiudendo così il ripieno. "Arbaltoni" nel dialetto del Randaragna significa proprio questo. La sagra dei rivoltoni è in uso a Granaglione dal 1950.
Ingredienti (per 6 persone):
5 uova di sfoglia.
per il ripieno:
800gr di spinaci o bietole, 400gr di ricotta, un po’ di pane bagnato nell’acqua e strizzato, prezzemolo, formaggio sardo, 2 o 3 uova, pepe sale, noce moscata. Il tutto viene lavorato e impastato a mano. Quindi sulla sfoglia spianata con un bicchiere vengono preparati tanti tondi di pasta, entro i quali viene inserito il ripieno, poi chiusi. Gli arbaltoni sono pronti per essere messi in pentola e quindi serviti nei piatti, ricoperti da un buon ragù di salsiccia o molta cipolla oppure in bianco con formaggio, prezzemolo tritato e pepe.

Balotti

Sono castagne, chiamate così perché vengono cotte bollendole, vengono lavate e così come sono col guscio vengono messe in una pentola di acqua abbondante e salata (qualcuno vi aggiunge foglie di alloro). Le si lascia bollire per circa un’ora e mezza. Sono preparate durante il periodo della raccolta (novembre-dicembre) ma anche per tutto l’inverno e la primavera, tenute in un cassone e ricoperte di foglie di castagno.

Brod’matto

Veniva fatto per le tagliatelle casalinghe. Era un brodo ( come ricordano) per modo di dire, e per questo detto brodo matto, con sugo di pestato di cipolle ed una goccia d’olio.

Cajo

Quando una volta venivano uccisi gli agnelli (Natale e Pasqua) si conservava la vescica, che i montanari chiamavano “cajo”. Veniva svuotata e seccata, senza essere lavata, ma soltanto pulita. Gonfiata e legata in testa, si faceva essiccare per 1 o 2 giorni quindi riempita di latte di pecora. Veniva quindi chiusa e conservata sotto la cappa del camino almeno per un anno. Quanto più la si conservava sotto la cappa, tanto più diventava buona.

Castagnaccio

E' la vera torta dei montanari, fatta tutta con farina di castagne, senza essere sofisticata da altri ingredienti. Il castagnaccio viene fatto in tanti modi, ma qui riportiamo la più genuina ricetta dei montanari del Randaragna e dell’Alto Reno. Nella farina di castagne vengono messi questi ingredienti: noci tritate (in altre zone utilizzano pinoli e uvetta), un po’ di scorza di limone, zucchero e un bicchiere di latte. Il tutto viene impastato e amalgamato dentro un “cadino”, cioè un tegame con un mestolo di legno. Quindi l’impasto si versa in una teglia col fondo unto di olio e viene cotto nel forno per una ventina di minuti circa, secondo la quantità. E' già pronto per essere mangiato, perché sia buono e croccante il castagnaccio non deve essere molto alto, in media 2 cm.

Farinada

IL termine è la forma dialettale di "farinata". In un paiolo pieno di acqua bollente si versa lentamente a pioggia la farina di castagne, mescolandola continuamente per 20 minuti, onde evitare formazione di grumi e di farla attaccare sul fondo, rendendola come una crema. Quindi viene direttamente versata nei piatti e fatta raffreddare per circa mezz’ora. A questo punto la farinada è pronta per essere mangiata.

Frittelle di castagne

Sono un impasto non troppo denso di farina di castagne, un pizzico di sale, un po’ di uvetta, la buccia di un limone grattugiato (il limone non deve essere trattato), mezza bustina di lievito per ogni mezzo chilo di farina, il tutto viene impastato con acqua o latte. Si mette il composto nell’olio bollente a cucchiaiate formando così le frittelle.

Frusade

Sono le castagne arrosto o bruciate, da cui il nome “frugiate.” E' tradizione mangiarle la setra di San Martino col vino nuovo. Le castagne fresche raccolte vengono incise con la punta del coltello, perché non scoppino durante il loro arrostimento. Quindi vengono messe semplicemente in una padella di ferro dal fondo bucherellato e poste sulla brace ardente o sulla stufa. Le castagne vengono fatte salterellare dentro la padella, perché non brucino. Le frusade non sono altro che le "caldarroste" di pianura.

Formette d’pègura

E' in lingua dialettale, sono forme o formaggi di pecora fatti dagli abitanti della valle. Il latte di pecora viene colato e poi intiepidito,quindi vi si mette dentro il presame (caglio) e lo si lascia rassodare per 20 minuti, successivamente il tutto viene mescolato con una ramina di legno a tre forche, girando sempre da una parte. Quindi l’impasto ottenuto viene fortemente stretto con le mani e messo dentro una cascina (tondo di legno), salato da entrambe le parti. Fatto questo le formette vengono lasciate a riposo per almeno un mese su tavole di legno e di quando in quando vengono rigirate per farle asciugare bene.

Funghi

Tutti ormai sanno come i funghi vengono preparati. Qui ricordiamo alcuni sistemi di conservazione. Raccolti,vengono soltanto puliti con uno straccio leggermente umido. Quindi vengono tagliati a pezzetti o a lamine e fatti seccare al sole, oppure messi in una cassetta, deponendo tra i vari strati una buona distesa di sale. Altro sistema è quello è quello di conservarli sott’olio.

Fogaccina

Si fa un impasto di farina bianca (fiore) e farina gialla con lievito e sale, come per la sfoglia. L’impasto ottenuto, a forma di lungo salame, viene tagliato a medaglioni, cioè a fette, che vengono cotte fra testi di pietra o terracotta. Molti oggi utilizzano le moderne forme di ghisa o di piastre.

Necci

Sono stati il cibo base dei montanari. Preparati con foglie di pietra e con foglie di castagno, oggi vengono utilizzate anche le forme moderne. La farina dolce viene impastata con acqua e senza sale in un ”cadino “ e con un mestolo anch’esso di legno. Intanto si scaldano i testi nel camino. I necci vengono posti tra un testo e l’altro della testiera, uno sull’altro inserendo foglie di castagno fra i necci e i testi. Li si lasciano circa 10 minuti in cottura, poi si tolgono, pronti per essere mangiati. I necci possono essere mangiati "guerci", cioè con pancetta, prosciutto o salsiccia, a fettine consistenti messe nell’impasto, dando la stessa cottura.

Polenta

Polenta dolce se è fatta con farina di castagne e polenta gialla, se la farina è di granoturco. A seconda dei modi in cui è cucinata viene detta polenta slargada, d’zuffa, “a topi”, a fette,fritta( bruschetta).

Polenta slargada

E' la polenta che viene servita, versandola in tavola sul tagliere formando uno strato sottile e fumante. Veniva condita con sugo e formaggio, oppure con porri, cipolle o altro.

Polenta d’zuffa (o a topi)

La polenta fatta viene tirata sul dal paiolo ”a topi”, cioè a pezzettini che vengono messi dentro una teglia di terracotta (tajerina) uno vicino all’altro, facendo un primo strato, che viene condito con sugo e formaggio.

Polenta a fette

E' quella che viene servita tagliata a fette e condita così nel piatto senza altre operazioni.
In genere veniva mangiata con l’aringa, pancetta fritta e formaggio.

Polenta fritta

La polenta rimasta, veniva fritta in padella o arrostita sulle braci e per questo veniva detta bruschetta.

Zampanelle

Si preparano mettendo in un tegame farina bianca di grano, sale, un po’ di lievito e si impasta tutto con un cucchiaio. Quindi, scaldati i testi o altre forme, vi si fanno cuocere dentro le zampanelle. All’interno dei testi bisogna inserire foglie di castagno secche e inumidite (d’estate quelle verdi a mazzetti). Le zampanelle vengono mangiate con ricotta, prosciutto, a spuntino. Si possono preparare a bagnomaria: acqua tiepida, sale, olio, pepe, un po’ d’aglio, il tutto sbattuto. I pezzetti si mettono a bagno un po’, quindi sono pronti per essere mangiati.

Patolle

Impastata con un po’ di sale dentro un “cadino,” la farina dolce di castagne viene lavorata a mano e ridotta in tondi o in palle, che vengono schiacciate e messe a cuocere nei testi.

Matusi di farina gialla:

Dopo aver ben cotto del cavolo con patate, fagioli e molto sugo di carne di maiale, sul tutto si sparge del granoturco. I matusi vengono cotti per 2 o 3 ore.