Le
origini dei primi insediameti umani nella nostra zona sono state oggetto,
a piu' riprese, delle indagini di numerosi studiosi fin dai tempi antichi.
Tuttavia esse sono ancora in gran parte avvolte nell'ombra, indicate a
grandi linee da varie fonti, come le osservazioni di Gaio Plinio Secondo
(23-79 d.C.), riprese ed approfondite poi dal Calindri, e successivamente
dal Lorenzini, in cui si suppone la presenza del popolo degli Umbronates,
in epoca Etrusca. Alcune cronache antiche narrano a piu' riprese di strani
ritrovamenti di scheletri umani giganteschi (di cui,ad esempio, una tibia
era lunga un piede e mezzo bolognese, cioe' piu' di 47 centimetri), in
alcuni casi accompagnati da statuette di bronzo col capo tronco, armi
o altri oggetti. Non mancano neppure alcuni esempi in cui personaggi di
epoche più recenti "conservino in se' l'idea de' giganteschi
antichi abitanti Popoli di queste Alpi"[Calindri], come nel caso
di Don Giuseppe Taruffi,uomo di struttura "semigigantesca",
parroco ai Boschi dal 1778 al 1784. Assunto come dato certo è che
questa zona facesse parte di una linea di demarcazione tra l'Italia del
Nord e quella Centrale, e che in periodi avvolti ormai nella nebbia dei
tempi vide abitare i suoi monti da popolazioni celtiche e pre-celtiche(in
particolare Galli Boi e Liguri), che dominavano i territori padani dalla
meta' del IV secolo a.C. fino al 189 a.C., quando si verificò l'avvento
dei Romani. A differenza di questi ultimi, i Celti non costituirono mai
un popolo unito, facente riferimento ad un potere centralizzato. Essi
vivevano liberi, raggruppati in famiglie o clan. Depositari di un'antica
sapienza, la loro cultura si basava su un complesso insieme di tradizioni
e valori, e un misticismo legato alla natura. Proprio a causa della scarsa
propensione a riunirsi in un Impero, dovuta a ragioni culturali tanto
quanto al carattere rissoso degli esponenti di queste popolazioni, il
valore guerriero dei singoli e il furore dei piccoli gruppi non poterono
fermare la strabordante potenza dell'esercito con le sue legioni. Venne
quindi il tempo di Roma, e i nostri monti furono utilizzati, almeno dove
l'asprezza del territorio lo pemetteva, piu' come zone di valico dell'Appennino
per spostamenti militari e come punti di osservazione, che come terre
di insediamento. Con la sua successiva caduta (476 d.C.), sotto l'incalzare
dei barbari (Visigoti, Vandali, Unni, Franchi ecc.), e in seguito con
la conquista Longobarda, si verificarono numerose migrazioni di gente
di ogni ceto che lasciava le citta' cercando riparo in zone piu' remote.
Nel trascorrere dei secoli, superato il periodo Longobardo a causa dell'avvento
dei Franchi, si assistette ad una progressiva evangelizzazione dell'Appennino,
corrispondente ad una piu' massiccia popolazione della valle del Randaragna,
in un periodo che si estende dall'Alto al Basso Medioevo. E' il XIII secolo
il teatro delle prime lotte tra Bolognesi e Pistoiesi per il dominio su
questi territori di confine. Fin dal X secolo ebbero una grande influenza
i marchesi di Toscana, tra cui svettano i Canossiani, stirpe fondata da
Azzo, castellano emiliano, che nella sua discendenza annovera la famosa
contessa Matilde di Canossa. Ella ebbe molto a cuore i nostri territori,
tanto che fu lei a piantare molti dei secolari castagni che si possono
ammirare ovunque nei nostri boschi, con lo scopo di sfamare le genti di
lassù. Nel XIII secolo gran parte dei nobili usciti perdenti dalle
diatribe tra Guelfi e Ghibellini si videro esiliati dalle proprie città,
e molti di essi, con il loro seguito di sostenitori e servi, popolarono
la valle del Randaragna, raggiungendo anche Villa Magna Nemorum (Boschi).
Una tesi parallela, più sostenuta dalla base popolare, designa
un altro genere di fuoriusciti, ovvero banditi e fuorilegge come gli originari
abitanti di queste zone montane. La fondazione di borghi come Pacchioni,
Boni, Lazzeroni ecc. (cognomi di provata origine bolognese) e, in generale,
l'origine di questa popolazione montana, verosimilmente ha le sue radici
in un intersecarsi di queste ed altre ipotesi, in un ritrovarsi di gruppi
insediatisi in queste zone e di genti gia' presenti in esse da tempi immemori,
forse discendenti da antichi ceppi etruschi e Celti. Del resto fin dall'eta'
Romana l'Appennino e' stato restio nei riguardi dell'urbanizzazione, permettendo
forse agli echi di tempi ancestrali di protrarsi nel tempo. Tali echi
rieccheggiano ancora nel folto bosco di tradizioni, leggende e credenze
del luogo, nei racconti dei piu' vecchi e addirittura in alcune incisioni
sulle pietre di antiche costruzioni.
Simbolo della Casata dei Taruffi
Abbozzo di mummia
scolpita su un concio
angolare di Casa
Evangelisti
La "Verginina" di
Casa
Begori
Figura antropomorfa a
guardia di un portale
quattrocentesco
(Capanne)
Il monogramma di Cristo e motivi
simbolici su pietra, in una casa delle Noci
Ancora un primo piano
su antichi simboli
di prosperità
Stemma
inciso
sulla pietra
della Villa
di Granaglione
Concio angolare
scolpito
a Casa Boni
Icone e data sull'architrave
di un'antica porta al Nibbio
Antica incisione su pietra rappresentante
un "archipendolo"
Stemma con data
Incisione su concio angolare al Nibbio
Ponte sul Rio Faldoni, forse risalente all'Età
Romana
La bandiera dei Savoia.
Era esposta all'esterno della scuola del Poggio.
L'originale stemma
dei Taruffi. Nelle versioni successive furono apportate delle modifiche
a seconda della dinastia.